Fratture dell'omero distale
Le fratture dell'omero distale interessano la parte superiore del gomito, quella porzione dell'osso del braccio che si articola con le ossa dell'avambraccio. Le fratture di questa porzione di omero si possono estendere verso la spalla da pochi centimetri a oltre dieci centimetri. Queste fratture possono interessare l'articolazione o la porzione di osso subito al di sopra di essa, senza coinvolgerla.
Si tratta di fratture non comuni che rappresentano il 2% di tutte le fratture degli adulti. Spesso sono fratture molto complesse che richiedono trattamenti chirurgici altrettanto complessi e difficili per ricostruire le superfici dell'articolazione e permettere la ripresa del movimento.
La maggior parte di queste fratture richiede il trattamento chirurgico, a parte quei casi nei quali le condizioni generali del paziente non lo consentano. Lo scopo del trattamento di queste fratture è la precisa ricostruzione delle superfici articolari, la stabilità della sintesi con particolari placche e viti e quindi la possibilità di muovere l'articolazione fin dal primo giorno dopo l'intervento.
In casi particolari, quando l'osso è fragile come nei pazienti anziani e quindi non consente una buona tenuta delle viti o quando l'articolazione non è ricostruibile in alcun modo anche nei giovani, è possibile ricorrere alla sostituzione del gomito con una protesi.
Anatomia
Il gomito è un'articolazione costituita da tre ossa: l'omero , l'ulna e il radio. La fua funzione è fondamentale per poter muovere la mano nello spazio e quindi compiere movimenti indispensabili per la vita di tutti i giorni e per il lavoro.
L'omero è l'osso che connette la spalla con il gomito. Il radio è l'osso dell'avambraccio che si trova nella parte laterale e arriva al polso e permette i movimenti di rotazione dell'avambraccio. Lo si può meglio distinguere lateralmente nell'avambraccio quando il palmo della mano è rivolto verso l'alto. L'ulna è invece l'osso che si articola con l'omero e il radio a livello del gomito e permette i movimenti di flessione e estensione. lo si riconosce in quanto è localizzato sulla parte interna dell'avambraccio quando il palmo della mano è rivolto verso l'alto.
Le ossa del gomito sono tenute insieme tra di loro principalmente dalle caratteristiche forme delle ossa che danno la maggiore stabilità all'articolazione, dai legamenti e dai muscoli che permettono il movimento articolare.
La parte articolare dell'omero si connette con l'olecrano che è la porzione dell'ulna che avvolge appunto la parte terminale dell'omero e insieme permettono il movimenti di flessione e di estensione. La parte dell'omero appena sopra l'articolazione è riconoscibile perché presenta due tuberosità, una interna (epitroclea) e una esterna (epicondilo). posteriormente alla porzione interna (epitroclea) decorre il nervo ulnare.
Le fratture dell'omero distale possono essere isolate o associate ad altre fratture delle due ossa dell'avambraccio e rappresentare quindi delle lesioni molto complesse.
Cause
L'omero distale si può fratturare sia per traumi diretti per cadute sul gomito che per traumi indiretti come la caduta sul palmo della mano a gomito esteso oppure per torsioni del gomito.
Sintomi
Le fratture del gomito sono molto dolorose e ogni movimento diviene pressoché impossibile. L'articolazione è gonfia e molto dolente alla palpazione con difficoltà estrema o impossibilità alla mobilizzazione attiva e passiva. In casi particolari, in genere a seguito di traumi ad alta energia come gli incidenti stradali, l'osso può sporgere dalla pelle o addirittura, nei casi più gravi, perdere dei frammenti più o meno grandi (fratture esposte).
Di norma queste fratture rappresentano un'urgenza e vengono trattate all'inizio in pronto soccorso. Il medico ortopedico che visita il paziente valuterà la presenza di lesioni della cute se presenti e la loro estensione. In questi casi inizierà fin dal primo momento una profilassi con antibiotico per ridurre il rischio di infezioni che, nelle fratture esposte, dove l'osso viene a contatto con l'ambiente esterno, è sempre elevato. Dovrà quindi verificare se si tratta di una frattura o di una lussazione, oppure di una frattura associata ad una lussazione.
Nel corso del primo esame clinico si dovranno escludere lesioni di vasi e di nervi. Per fare questo al paziente sarà chiesto di dire se "sente toccare" la cute e se sono presenti formicolii all'avambraccio e alla mano. Inoltre sarà chiesto di muovere, per quanto possibile in rapporto al dolore, il polso e le dita della mano. Il nervo ulnare, che decorre aderente all'osso, può subire delle lesioni. In questo caso il paziente avverte formicolio e/o una riduzione della sensibilità alle ultime due dita della mano (anulare e mignolo). Quando si riscontra un trauma del gomito è bene esaminare anche la spalla e il polso in quanto possono aver subito delle fratture o delle lesioni indirette nella caduta. Negli anziani, dopo una caduta nella quale hanno riportato la frattura del gomito come anche della splla, è possibile che si sia verificata anche una frattura dell'anca dello stesso lato.
Esami
Lo specialista richiederà di eseguire una radiografia del gomito e, se sono presenti altri sintomi che possano far sospettare una frattura o una lussazione, anche della spalla, del polso e della mano.
Il gomito viene quindi immobilizzato in una valva di gesso o di materiale sintetico e il braccio viene posto al collo in un reggibraccio. Nella gran parte dei casi, per valutare meglio le caratteristiche della frattura e decidere il suo trattamento viene eseguito un esame TC (Tomografia Computerizzata). Vengono poi somministrati analgesici e applicata la borsa del ghiaccio per ridurre il gonfiore dell'articolazione.
Trattamento conservativo (non chirurgico)
Solo raramente oggi queste fratture vengono trattate senza la chirurgia. Di norma si tratta di pazienti anziani in scadenti condizioni generali per i quali un intervento potrebbe essere rischioso. Infatti se anche la frattura è composta, richiede un lungo periodo di immobilizzazione con conseguente rigidità alla rimozione del gesso o dell'eventuale tutore. Questa rigidità è difficilmente trattabile e richiede interventi lunghi e complessi e il gomito rimarrà spesso con movimenti limitati e non compatibili con una normale vita di persone attive.
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico di queste fratture mira a ricostruire l'articolazione nel modo più anatomico possibile e a fissare i frammenti della frattura in maniera stabile per iniziare i movimenti del gomito già dal primo o secondo giorno dopo l'intervento.
Se la frattura è esposta e quindi l'osso è venuto in contatto con l'ambiente esterno per una lacerazione della cute, la frattura va trattata in urgenza. Di norma si procede eseguendo, in sala operatoria, una pulizia chirurgica della lesione con lavaggi ripetuti e asportazione dei tessuti non vitali. Questo consente di ridurre la carica batterica (contaminazione dall'ambiente esterno dell'osso e dell'articolazione) per cercare di prevenire il più possibile il rischio di infezioni. Successivamente si utilizza un fissatore esterno che è costituito da delle viti lunghe (fiches o pins) impiantate lateralmente sull'omero e sull'ulna e connesse tra loro con delle barre (in alluminio o fibra di carbonio). Questo strumentario permette la stabilizzazione provvisoria della frattura o della frattura-lussazione. Il trattamento definitivo viene quindi posticipato di alcuni giorni dopo una programmazione che comprente anche lo studio con la Tomografia Computerizzata. A volte è possibile effettuare il trattamento definitivo anche immediatamente se le condizioni locali della cute, delle parti molli (tendini, muscoli) e dell'osso lo consentono.
L'intervento viene eseguito di norma attraverso una incisione posteriore che consente una buona visibilità della frattura. Questa prevede, per molte fratture che interessano in modo esteso l'articolazione, la osteotomia dell'olecrano. In pratica si deve operare la sezione della parte dell'ulna che si articola con l'omero. In tal modo si ottiene una buona visione della frattura. Al termine dell'intervento l'ulna viene riparato nella sua posizione originale. Le tecniche che possono essere impiegate per fissare i frammenti ossei dopo la loro riduzione sono molteplici. Possono esser utilizzati diversi tipi di strumenti. Quelli più frequentemente usati sono le placche e le viti. Ma possono essere impiegati in associazione viti, fili metallici, suture con fili resistenti. Questi metodi non si escludono a vicenda e possono essere utilizzati anche insieme gli uni con gli altri. La scelta del tipo di sintesi dipende dalle conoscenze del chirurgo e soprattutto dal tipo di frattura e dalla condizione dell'osso. A fine intervento i frammenti ossei devono comunque essere uniti in modo stabile per consentire un movimento attivo sin dai primi giorni successivi all'intervento.
In casi particolari nei quali vi è stata una perdita di osso a causa di una frattura esposta per cui l'osso è andato perduto nel corso di un incidente stradale, oppure quando i frammenti ossei sono di dimensioni troppo piccole per essere stabilizzate adeguatamente, è possibile ricorrere ad innesti di osso prelevati dal bacino del paziente oppure dalla banca dei tessuti, oppure ancora mediante l'uso di altri materiali artificiali simili all'osso che vengono poi riabitati dall'organismo.
Poiché il nevo ulnare è aderente all'osso, è necessario nella gran parte dei casi isolarlo e proteggerlo dalle manovre chirurgiche. A termine intervento vine riposto nella sua posizione originale o, se necessario in base alle caratteristiche della frattura e dell'intervento eseguito, può essere spostato in una sede vicina e al riparo da possibili compressioni.
In questi casi nei quali la frattura non sia riparabile o quando l'osso, come nelle persone anziane, è di scadente qualità e non consente una buona tenuta delle viti o degli altri mezzi di sintesi, è possibile scegliere di impiantare una protesi metallica (vedi capitolo dedicato). Questa è costituita da uno stelo metallico introdotto nell'omero e un secondo nell'ulna. Le due componenti metalliche ad un loro estremo sono ricoperte da materiale plastico ad alta densità (polietilene). Questi due estremi vengono messi in contatto tra loro formando una cerniera che consente il movimento. Di norma le protesi di gomito vengono fissate all'interno dell'osso con cemento acrilico addizionato con antibiotico per ridurre il rischio di infezione.
Come in tutti gli interventi chirurgici vi sono dei rischi che vanno valutati dall'anestesista ed eventualmente da altri specialisti.
Una possibile complicanza dell'intervento è la lesione accidentale di nervi e vasi sanguigni, ma è un evento estremamente raro.
In alcuni casi il nervo ulnare può essere stato danneggiato al momento del trauma o, meno frequentemente, nel corso dell'intervento chirurgico per la necessità di spostarlo e isolarlo. Nella grande maggioranza dei casi i disturbi sono caratterizzati da riduzione della sensibilità alle ultime due dita della mano (anulare e mignolo) o sensazione di formicolio nella stessa sede. In casi più gravi vi può essere anche una limitazione del movimento delle ultime due dita. Questi disturbi tendono a risolversi con recupero che spesso è completo dopo un periodo di alcune settimana. A volte il recupero richiede più tempo, fino a qualche mese.
Poiché nessun chirurgo può dare garanzie riguardo alla guarigione di una frattura per quanto correttamente trattata, si può verificare il caso che i frammenti ossei non consolidino. Le ragioni sono molteplici: i frammenti possono spostarsi, le viti possono non tenere sufficientemente per una scarsa qualità dell'osso come nelle persone anziane con osteoporosi, oppure il paziente è un fumatore, condizione che, è ormai chiarito, ritarda la guarigione delle fratture. A volte il paziente tende a esagerare nelle sue attività e nella riabilitazione nella errata convinzione di ottenere un recupero più precoce. Anche alcune malattie sistemiche come il diabete possono ritardare la guarigione. Le fratture esposte hanno tempi di guarigione più lunghi.
Postoperatorio e Riabilitazione
Dopo l'intervento il gomito viene immobilizzato in una valva di gesso o materiale sintetico e applicata la borsa del ghiaccio per ridurre l'edema. Vengono somministrati farmaci antidolorifici. Dopo uno o due giorni dall'intervento, se non vi sono complicazioni, la valva viene rimossa insieme all'eventuale drenaggio e il paziente inizia a muovere il braccio assistito da un terapista della riabilitazione per brevi periodi, evitando si sforzare l'articolazione. Tuttavia è importante che il paziente esegua degli esercizi autonomamente anche a domicilio più volte al giorno, come insegnato dal terapista .
Al paziente viene raccomandato di non effettuare attività contro resistenza fino a che la frattura non è radiograficamente consolidata e il quadro clinico lo conferma. Di norma sono necessari dai due ai tre mesi.
In caso si impianto di artroprotesi, vanno assolutamente evitati sforzi come il sollevamento di pesi oltre i due, massimo cinque chilogrammi per sempre. Inoltre non sono permesse attività ripetitive con pesi superiori ad un chilogrammo, massimo un chilogrammo e mezzo, come usare un martello di peso superiore ad un chilogrammo.
La riabilitazione è lunga e i risultati di norma sono buoni riguardo al movimento. Come accennato è bene che il paziente sia seguito da un terapista della riabilitazione soprattutto nel primo periodo di circa 2 mesi. Non sempre si riesce a recuperare l'escursione completa dell'articolazione. Possono residuare delle limitazioni dell'estensione più che della flessione. Nella grande maggioranza dei casi i pazienti riprendono le loro normali attività quotidiane senza problemi. Tuttavia i pazienti dediti ad attività sportive e lavorative pesanti possono incontrare delle difficoltà. Sia il dolore residuo che il movimento migliorano con il tempo. Inizialmente i risultati sono più evidenti per ridursi poi con il passare dei mesi. tuttavia dei miglioramenti sono osservabili anche oltre un anno dal trauma. Il recupero maggiore e più significativo avviene comunque nella maggior parte dei casi entro i primi sei mesi dall'intervento.
Raramente possono formarsi della calcificazioni o delle ossificazioni che limitano il movimento del gomito. Dipende dalle caratteristiche individuali, dal tipo di trauma (i traumi ad alta energia come gli incidenti stradali o le cadute dall'alto, sono predisponenti). Non sempre tuttavia queste formazioni sono la causa delle limitazioni, anche quando interessano i legamenti del gomito o tendini e muscoli. Nei casi nei quali le limitazioni possono essere attribuite alla presenza delle calcificazioni o delle ossificazioni, è possibile intervenire chirurgicamente per rimuoverle. Ci sono dei tempi per l'intervento di rimozione di queste formazioni in quanto si deve attendere che abbiano terminato la loro fase di formazione. In caso contrario si rischia il loro riformarsi. Oggi alcuni specialisti ritengono che, invece, sia meglio agire più rapidamente per evitare lunghi periodi di immobilizzazione dell'articolazione dovuti alla presenza delle calcificazioni. Tuttavia non esistono certezze sulla recidiva o meno delle calcificazioni e ossificazioni una volta rimosse.
Nel lungo periodo, a causa delle lesioni che ha subito la cartilagine articolare si può sviluppare un'artrosi. Non sempre questa degenerazione articolare è sintomatica e il dolore può essere assente o lieve. Una certa limitazione del movimento, diversa da caso a caso, può intervenire nel tempo. Solo in caso di dolore persistente o limitazione del movimento entro certi limiti, può essere preso in considerazione un intervento chirurgico di artrolisi.